Diastema. Luoghi di relativa prossimità. Belsole – Nuti
L’incontro-confronto diastematico della recente produzione grafica e fotografica di due artisti – Franco Belsole e Franco Nuti – interseca, pur nella peculiarità delle esperienze personali, percorsi di prossimità.
Il luogo espressivo, la campitura per immagini racchiuse nello scatto che rapisce e incastona, così come la natura riflette sull’entità del segno facente funzione di lessema da associare e assemblare secondo una concatenazione di «formatività formante» e di «formatività formata», per prendere in prestito espressioni care all’estetica di Umberto Eco e del suo maestro Luigi Pareyson.
Dialoghi estetici non soltanto costituiti di lingua e costituenti linguaggi formali, ma due visioni ontologiche e indagative del contesto reale, topografico, antropizzato, silenziato dall’afasia della presenza-assenza, della presenza assertiva, logico-induttiva, e di quella asserita dall’opera come luogo privilegiato di induzione al pensiero protratto fino alla conoscenza dell’esperienzialità.
L’arte è dunque, secondo questa accettazione, sperimentazione condotta al limite imo e ultimo dell’agnizione che intende quindi catalogare ciò che la scoperta ha svelato, attraverso tappe, laiche e visionarie stazioni, disomogeneità, discontinuità, anatomia del rifiuto, dell’errore e dell’affermazione sistemica del dire attrattiva verso l’azione di scrutare e di ricostruire.
La ricerca, pertanto, può rendere rarefatto non solo per registrazione interpretativa, ma anche per riconduzione a un presunto ordine delle cose e dell’uomo in seno all’intervento pittografo che è deduttivo e deducentro. Linguaggio di sistematizzazione lirica, di catalogazione non empirica, di riconduzione ai parametri fermi e nel contemporaneo evoluti della contingenza.
Diastema vuole in questo modo cogliere la consequenzialità dell’irresoluto e dell’impermanente nell’astanza della peregrinazione condotta dal pensiero intornio al fulcro, segnaletico, grafico, raccolto e incasellato. Se c’è ragione che tale ricerca sussista, deve essere colta come fase ineludibile di accostamento al vero visto e conosciuto, al vero considerato racconto per convenzione espressiva, per connubio apicale di occhio e mente che confutano nel gesto dello scatto e nel gesto della mano. Addestramento e deroga rispetto alla cogenza sembrano coesistere quali fasi operative di adegua-
per accedere all’oggetto di studio: Belsole e Nuti compiono, dalle rispettive prospettive, questo concerto così progressivo con fertile pertinacia, con consapevole coerenza nel non deflettere dalle prerogative scelte e imporre.
Rappresentare non è solo funzione, affermare conduzione di uno strumento al suo scopo diastemico non congiunto, eppure colloquiante, ma è anche e soprattutto selezione nell’affinando, nell’eligere, per distogliere dallo sguardo lucido dell’artista ricercatore l’esito conconclusivo e compiuto.
Un percorso del genere può essere condotto per appporti distinti ma non altri e incomunicanti come, con Diastema, le opere di Belsole e di Nuti si intendono fare. La scelta dello spazio, lo studio romano di quest’ultimo, è l’ulteriore e necessitante riprova dimostrativa di tali assunti, la scelta di un luogo, alveo personale della ricerca, che si è aperto in prima istanza al consolidamento del dialogo tra i due artisti e di questi con chi scrive, per funzionale, quasi fisiologica ricaduta. Ora questo ambito prassico delle idee si rende accogliente alla comunità del pubblico di Rom Art Week 2022, a
testimonianza di come convogliare il soggetto terzo nel luogo fisico e mentale della creazione d’arte sia essa stessa un’operazione esegetica e dialettica allargata.
Dalla brochure della mostra, Roma, 2022