Con Dante

Introduzione, di Antonio Stango

Cimentarsi con Dante in poesia sarebbe una sfida persa in partenza: tale è la sproporzione di mezzi tecnici, visione, circostanze storiche, che qualsiasi tentativo è destinato ad esiti sostanzialmente infelici. Se ne può certo imitare alcuni ritmi, come nelle serissime terzine di Pasolini o in quelle scherzose che generazioni di studenti hanno prodotto fra i banchi di licei e università; ma non si riuscirà ad avvicinarsi alla portata della sua opera.
Così lo constatava, in modo epigrammatico, Tommaso Landolfi nella sua tarda raccolta poetica Il tradimento (Rizzoli, 1977):
l giorno in cui dovrai dire:
“Dante, non ho la tua forza”
Sarà il giorno più tristo
Dell’anima tua. Non si può partire
Se non certi di superare
Il maggiore di chi ci corre innanzi
.
Tuttavia, ispirarsi alla sua opera è non solo possibile, ma sempre potenzialmente generatore di riflessioni profonde, vitali illuminazioni, sviluppi creativi; e questo non solamente in poesia, ma in ogni arte o altra attività dell’ingegno.
Che si abbia per Dante il rispetto filiale che chi parla Italiano deve al padre della nostra lingua o l’ammirato stupore per la grandiosità della sua opera, che si ragioni sul suo disegno umanistico o si vibri con lui dell’empatia per l’amore che i suoi Paolo e Francesca sanno trasmettere attraverso i secoli, ciò che ritengo sia bene evitare è relegarlo a una distaccata monumentalità. Va studiato, senz’altro: immaginare di cogliere la pienezza dei suoi significati senza adeguata attenzione al te- sto sarebbe improduttivo e meritevole della condanna che Dante assegna ai superbi (perdonabili, sì, ma solo dopo un lungo periodo di deambulazioni in Purgatorio ricurvi sotto un macigno). Poi, però, Dante è bene viverlo; e se ci accade di capire in cosa gli sia debitore il nostro animo si può magari provare ad interpretare alcuni aspetti della sua poetica con le capacità espressive di cui disponiamo.
Fra quanti hanno voluto cogliere l’opportunità di dedicare un’opera a Dante in questo settimo centenario della sua morte, gli artisti che espongono al Lavatoio Contumaciale mostrano un’ampia diversità di tecniche come di percezioni. L’idea della “selva oscura” dove ci si smarrisce è resa da Franco Belsole con due fotografie che mostrano linee come in fuga di edifici del quartiere della Défense di Parigi – luogo, del resto, di sperimentazione urbana complessa, immaginato come ipermoderno negli anni Cinquanta del Novecento, cresciuto poi con alterne fortune e discontinua accettabilità e oggi ancora sede di cantieri per torri forse inutilmente alte.
Su una doppia suggestione procede l’elaborazione fotografica di Teresa Bianchi: la gattina nera del- la quale ha conosciuto dolore, tenerezza, serenità esercita il proprio fascino muovendo fra il cam- po rosso di una passione che è anche patire e quello di una destinazione celeste, per arrivare alla quale occorre percorrere il filo giallo che la circonda e rappresenta il regno intermedio della vita. Difficile staccarsi dal magnetismo di quegli occhi, luce profonda che può guidarci oltre il buio. Una per ciascuna delle tre cantiche della Commedia sono le elaborazioni fotografiche di Maristella Campolunghi, che per indicarle sceglie tre vie di Roma. La “città dolente” è resa dall’ef- fetto di fiamme e di vento gelido che amplificano le volute della scala esterna della torre idrica di Via Giolitti, luogo di uno straniante degrado; il selciato dell’Appia Antica è l’idea stessa del passag- gio; il corpo pronto a risorgere verso il cielo stellato di una scultura di Via Giulia è la speranza di un paradisiaco Rinascimento.
Alla popolarità di Dante fa riferimento Massimo Napoli nel dedicargli la locandina di un imma- ginario film intitolato “Commedia”, disegnata a mano. Il ponte ne è simbolicamente l’elemento centrale, essenziale per ogni collegamento fra mondi. Da notare in particolare l’affidamento della regia a Brunetto Latini, di cui si cita “la cara e buona immagine paterna” riconosciutagli con affetto e stima da Dante.
L’allestimento di 34 schizzi su fondo nero (uno per ogni canto dell’Inferno), di cui quello più gran- de al centro mostra un abbraccio fra Dante e Virgilio, è l’idea di Franco Nuti, che indica la difficol- tà delle relazioni interpersonali anche con i frammenti di specchi sparsi sul pavimento.
Non le tre cantiche, ma quattro momenti della vita di ogni essere sceglie con le sue delicate foto- grafie di alba, nascita, giorno e tramonto Patrizia Pieri, restituendo in quelle immagini e in quel viaggio le sensazioni e più ancora le spinte d’amore che avverte forti nella Commedia di Dante e percepisce nella natura, con un anelito a “uscire di sé” verso una dimensione divina.
Ugo Piergiovanni presenta una fotografia e propone una performance ispirandosi ai due “luoghi estremi” della Commedia, l’uno accessibile esclusivamente agli esseri conformi a purezza e santi- tà, l’altro destinato a quelli “renitenti alla virtù”, intendendoli come metafora di attuali e del tutto terrestri criteri di ammissibilità.
Presenza rara in una mostra d’arte figurativa, i burattini di Dante e di Virgilio realizzati da Maria Signorelli sembrano infine pronti ad abbandonare la muta staticità in cui si trovano per ritorna- re protagonisti di una grande rappresentazione dell’Inferno, come hanno fatto già molti anni fa. Avranno ancora movimento e voce, nella magia creativa di un’antica arte teatrale che alle altre arti si unisce per accompagnarci nella continua, vitale riscoperta del poema dantesco. 

Dal catalogo della mostra, Roma, 2021

Con Dante, di Grazie Menna 

Siamo tutti Dante quando… ci sentiamo immersi e sommersi nella “Selva Oscura” che l’opera di Franco Belsole, ha così allegoricamente rappresentato usando lo skyline dei palazzi, le linee architettoniche delle nostre metropoli, la fitta rete tessuta intorno a noi della quali siamo prigionieri.
Siamo tutti Dante… anche quando in un percorso teatrale, accompagnati dai due poeti, una turba di innumerevoli diavoli cercano di bloccarci il cammino; a rammentarci di ciò i magnifici burattini di Maria Signorelli.
Siamo tutti Dante quando… come lui, attribuiamo un colore alle nostre fasi della vita, alle nostre emozioni ai nostri stati d’animo. Che sia il rosso, il giallo od il chiaro azzurro come ci confida Teresa Bianchi nella sua opera, poco importa! Il colore è soggettivo, il colore può essere anche una scala di grigi!
Siamo tutti Dante quando… nell’opera Maristella Campolunghi, attraversiamo il girone dei rejetti, dei dimenticati, degli invisibili! Girone che attraversiamo, correndo quasi fuggendo, per prendere un treno che ci porterà via anche da questa irreale realtà.
Siamo tutti Dante quando… sentiamo di vivere la nostra vita come fossimo in un film, una vita che fa dell’opera di Massimo Napoli il suo biglietto di presentazione. Ecco dunque la locandina di “Commedia”, ancora ideata e disegnata a mano a rammentarci che il tempo ha bisogno di ritmi umani, non rincorrendo la velocità del digitale. E solo “Commedia”, perché l’aggettivo Divina fu aggiunto dal Boccaccio.
Siamo tutti Dante quando… insieme all’opera di Franco Nuti, pensiamo di aver condotto la nostra vita di relazione in maniera retta, come può essere retta e dritta la nostra colonna vertebrale fissata in una immagine dalla Lastra RX; ma poi ci scopriamo ingarbugliati in sottili fili di relazioni da cui non riusciamo a districarci.
Siamo tutti Dante quando… come ci invita a riflettere l’opera performativa di Ugo Piergiovanni, possiamo accedere in quanto autorizzati a luoghi puri e santi. Come Dante si, autorizzati si, sicuri nella nostra bolla esistenziale che i luoghi impuri e dannati saranno riservati ad altri, ai renitenti alla virtù. E se non fossimo puri e santi, ma neanche impuri e renitenti? Quale luogo per noi?
Siamo tutti Dante quando… viviamo la manifestazione d’amore che la natura ci regala ogni giorno, nel suo procedere dall’alba al tramonto come un dono da utilizzare; questo ci invita a fare Patrizia Pieri con la sua narrazione per sperare di vivere almeno un attimo di Paradiso.
SI’, SIAMO TUTTI DANTE!
Rileggiamo attraverso le opere degli artisti sopra citati, un Dante sempre attuale che vive nel nostro quotidiano; 700 anni dopo sembra che non siamo migliorati affatto! .


Dal catalogo della mostra, Roma, 2021